sabato 12 luglio 2008

Sulla guerra

Il viaggio in Normandia nell’estate del 2008

Un profondo malessere senza luogo e tempo si annida dietro a una domesticita' apparente.. l'oscurita' si nasconde dietro l'apparente logicita' e coerenza della vita e del linguaggio quotidiano.. possiamo parlare e non comunicare nulla. Renzo Tian.

Questa estate ho fatto con mio fratello un lungo viaggio in Normandia per vedere i luoghi dello sbarco del 6 Giugno 1944.

Appena tornato, ed anche prima, è stata posta spesso la domanda inevitabile, ma tutto sommato giusta e pertinente: perché? ...mentre, sullo sfondo, si avverte già qualche risposta, anche se non detta: perché voi uomini siete tutti fatti così.. avete voglia di eroismo, di sfogare l’aggressività, siete cresciuti con quei film, ecc.

A mio umile avviso, la risposta - se una ce n’é - è molto lontana da queste argomentazioni, e quindi può essere interessante forse approfondire la cosa, perché ci può condurre lontano.

Non toccherei per ora l’argomento se la guerra (o meglio l’interesse per essa) sia un fatto prettamente maschile, perché la cosa può anche essere vera (al di là ovviamente di pure spiegazioni “culturali” e contingenti – magari Pentesilea la pensava diversamente), ma ci condurrebbe in territori troppo battuti.

Occorre dire subito, invece, che noi andiamo a vedere film di guerra non per veder morire il nemico (quello accade nei “thriller”): noi andiamo a vedere film di guerra per veder sopravvivere i nostri cari, insieme, aiutandosi, al di là di gravi pericoli e sofferenze. Noi andiamo a cercare la vita, in un mondo dove ce n’è sempre meno.

Noi andiamo a vedere film di guerra perché abbiamo una profonda, incancellabile nostalgia della vita.

Vediamo di spiegarci meglio, a partire da un assioma, che se condiviso da voi, darà ragione di tutto il resto (se no, pazienza).

Tale principio, diciamo filosofico, afferma: non si può capire e apprezzare la vita (il nostro “stare nel mondo”), se almeno una volta non si è rischiato seriamente di perderla.

Non pensate per ora subito ai malati terminali, agli incidenti stradali, ecc. – che restano pur sempre casi eccezionali e personali - ma osserviamo tutta la nostra società.

La nostra società è la società della sicurezza, della prevenzione, della prevedibilità, della quotidianità e dell’evitamento. Essa è profondamente radicata in un profondo (anche se poco cosciente) desiderio di abitudine; ma così facendo tutto rimane in superficie, vuoto, scontato, visibile, prevedibile; sappiamo tutto di tutti ma niente di profondo.

Certo, abbiamo sviluppato – per così dire, “a latere” – degli importanti surrogati: il lavoro, la carriera, il raggiungimento del benessere economico, la casa al mare, il mantenere la salute, il “metter su famiglia” – tutte imprese difficili e faticose, che danno soddisfazione e “senso di vivere”.

Ma, se siete sinceri, non bastano. Il successo nel lavoro (se ci può essere) gratifica l’orgoglio e poi presto finisce, e lo stesso vale per tutto il resto. Anche una grossa malattia superata ci può lasciare gioiosi per un certo tempo, ma poi la quotidianità ritorna.

L’umanità è vissuta per milioni di anni nelle difficoltà e nelle sofferenze più indicibili: lì si è formata, lì si è evoluta, lì ha sviluppato l’amore per la vita e la sopravvivenza.

E allora a volte si ha il bisogno di riprovare le emozioni fondamentali; il senso vero del vivere. Nelle nostre grandi città se ne può solo intravvedere la luce in lontananza, con nostalgia e commozione, in quache attimo dove il benessere quotidiano ci lascia insoddisfatti. Quello stesso benessere luminoso che ci impedisce di vedere il cielo stellato di notte.

Questo ci commuove in un film di guerra: ci ricorda la solidarietà di lottare insieme per vivere, la paura di morire e quindi l’amore per la vita – che, se siamo onesti, oggi proviamo solo in forte diluizione. Ci commuove la speranza, la gioia, la volontà potente di vita, lo stupore immenso di vedere un compagno che rischia la sua vita per noi.

Insomma, un film di guerra commuove chi prova ancora una grande nostalgia della vita.

PS: Potrei citare (colpo basso!) anche il fatto che il grandissimo (e profondissimo) filosofo Ludwig Wittgenstein amava immensamente andare a vedere solo film western. Perché? Può essere argomento di una prossima discussione.

1 commento:

matilde ha detto...

Io non ho una mente matematica e non rispondo con il tuo stesso metro, la precisione e la simmetria del tuo scritto, vado e seguo il flusso di coscienza.. La verità, il compromesso, il paradosso, la vita, la morte, la guerra,il viaggio. Da dove iniziare, per andare a finire dove? Quando in primo liceo mi avvicinai alla filosofia mi colpì e ancora mi accompagna il suo ricordo, un filosofo di cui poco si parla e forse poco si sa, i professori lo spiegano in fretta perchè bisogna correre ed arrivare a Platone ed Aristotele ( i massimi sistemi), ma io quel piccolo assioma lo introitai e mi rimane dentro. Gorgia, e l'incomunicabilità. "Niente è, se qualcosa ci fosse non sarebbe conoscibile, e qualora fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile”.Gorgia era un maestro di retorica (l'arte del comunicare e manipolare gli altri) un paradosso!.
Ma quanta verità dentro quei frammenti di un greco agli albori della "civiltà".
I fatti non esistono, è vero, esistono le interpretazioni sui fatti e quando li racconti seguendo il filo dei tuoi pensieri della tua logica, qualcun altro li sta già elaborando secondo il suo pensiero. Ed è il pensiero che ha costruito il mondo e non il mondo che ha prodotto il pensiero. Questo per gli orientali è un principio cardine della loro filosofia. Gesù era il Verbo ed il Verbo si fece carne.
La verità è la nostra verità, è una delle tante facce della verità, è la verità di una comunità che si è avviluppata su delle idee e le ritiene verità. In nome della verità le comunità fanno la guerra tra di loro a difesa ciascuna della sua verità. La guerra è la difesa o l'imposizione di una verità. Per vivere in pace occorre accettare compromessi, ed un bene non dosato può generare catastrofi di proporzioni bibliche, mentre da un male può nascere una cosa buona, perchè siamo umani, cioè imperfetti ed aspiriamo ad un Dio perfetto che non raggiungeremo mai. Giovanni, l'evangelista, dice" gli uomini preferirono le tenebre alla luce", perchè le tenebre ci fanno vedere poco e sentire protetti, la luce ci acceca, è troppo forte. Io non sono una fautrice delle verità a tutto tondo, ma non so mentire, vorrei non cedere ai compromessi, ma sono debole e cedo continuamente a compromessi con me stessa e con gli altri, a volte mi tradisco da sola, ma il mio viso è trasparente, ed ogni giorno mi contraddico con il precedente perchè mi evolvo continuamente, non posso rimanere ferma, "panta rei" ed io scorro come il fiume della vita che non è mai uguale a se stesso in nessun istante. Non amo i film di guerra quando sono stupidi, ma amo la storia, non perché sia una maestra di vita, questa è una grande balla, lo diceva già lo storico di tutti i tempi, Tucidide, ma perché dentro la storia c’è il mio passato, c’è il vissuto di un’umanità che ci riguarda, che siamo noi. E allora quel viaggio per vedere i luoghi delle battaglie di Normandia, io lo avrei fatto, e avrei voluto vedere ogni pietra ed ogni tomba di ciascuno di quei morti, perché è un viaggio che vuole conoscere e vedere un passato che ci rincorre sempre, vuole vedere le radici , quei morti ci hanno permesso di vivere senza la barbarie del nazismo, per ognuno di loro ha suonato la campana che ci fa sentire tutti parte della stessa umanità. Sono morti per dare la vita. La contraddizione dell’esistenza….Quando metti al mondo un figlio, nasce da un grande dolore, da un urlo che dà luogo ad un sorriso. Quando andiamo a visitare i musei, andiamo a vedere le opere di gente che non c’è più, ma che ci ha lasciato un segno di un grande mistero:l’arte. Quella che Platone chiama mimesi della realtà, andare a vedere i luoghi dove tanti sono morti per la durezza della guerra, e hanno sacrificato la loro vita per darla ad altri, è una forma di arte che non è mimesi: è realtà, che non è né migliore né peggiore dell’arte. Quando sulla guerra qualcuno riesce a fare un film che a lei si ispira per parlare dell’amore per la vita allora l’arte è spuntata come per magia dall’aggressività e dall’animalità dell’uomo. Pascal diceva che l’uomo certo non sa quanta parte di angelo è dentro di lui e quanta malvagità del diavolo si porta dentro. A fronte di un grande mistero quale è la nostra esistenza, che non capiremo mai, perchè siamo secchielli dove non può entrare tutta l’acqua del mare (diceva il grande S.Agostino, per indicare la piccolezza delle nostre menti a fronte della grandezza di Dio), io che non sono nessuno, non sono un santo né un filosofo dico: lo strumento migliore che abbiamo per vivere e godere appieno del fatto di esistere è l’ironia e la leggerezza per evitare che la vita ci divori.