mercoledì 11 giugno 2008

Lettere di HvH a EK

Estratti dalle lettere di Hugo von Hofmannsthal al guardiamarina E.K. (1895)

Le cose importanti che vivremo non potremo raccontarcele, poiché non ci accorgeremo di esse. Credo però che talvolta potremo scrivere su di un pezzo di carta il frammento di una sensazione soggettiva, di un umore, e da questo potrà venirne fuori un carteggio come nel secolo scorso, quando la gente scriveva in modo molto più grazioso, più elegante e più nobile di ora-probabilmente perché le lettere ci mettevano un mese ad andare da un paesino all'altro della Germania.

Vedi, io parlo con molte persone intelligenti e originali e mi basta andare ai miei scaffali per trovare abbastanza libri che siano profondi, affascinanti e coinvolgenti a tal punto da perdermi in essi fino all'oblio di me stesso, sicché i pensieri e le sensazioni degli uomini e dei libri talvolta cancellano del tutto i miei pensieri e le mie sensazioni e si pongono al loro posto. Infatti non siamo noi che possediamo e teniamo gli uomini e le cose, ma sono loro a possedere e a tenere noi. Così non si corre certo il rischio di apparire vuoti, ma, cosa molto più inquietante, si è come un fantasma in pieno giorno: pensieri estranei pensano dentro di te, e vedi le cose come attraverso un velo, ti aggiri nella vita così estraneo ed escluso, nulla ti trascina, nulla ti riempie del tutto. Alla fine però si fa strada qualcosa di umano, di autentico. Per me adesso si tratta di uno sconfinato e violento desiderio di natura, non di una sognante contemplazione, ma di un attivo intervento sulla natura, il desiderio di fare lunghe camminate e andare a caccia e, se possibile, il desiderio di vita contadina.

Talvolta mi sembra come se stessi cominciando ad avere un legame più saldo con le cose della vita, e sarebbe una cosa molto buona. Poi però tutto torna a muoversi in cerchio.

In genere ho all'incirca di due mesi in due mesi un cambio di alta e bassa marea. L'alta marea è molto piacevole: allora mi vengono in mente di continuo cose graziose intelligenti; per la strada o nei salotti incontro donne molto belle, con occhi mirabili; la vita interiore e quella esteriore si compenetrano in modo meraviglioso; tutti i miei desideri e i miei ricordi, e il paesaggio e gli alberi e la musica e tutto quello che altri in circa è recita davanti a me un grande spettacolo in maschera, pomposo e lusinghiero. La bassa marea in compenso è così sgradevole, vuota e arida, muta e morta, che preferisco non parlarne affatto; in qualche modo poi uno riesce ad allontanarsene. Del resto penso che ognuno vive proprio questo fluttuare su e giù dei secchi della vita.

La vita per tutti noi è indicibilmente difficile, minacciosa e malevola: tutto ciò che vi ha di bello e prezioso consiste nel sopportare. E forse a qualcosa serve avere altri che ci sono e guardano alla tua sofferenza e sono abbastanza buoni da capire le tue difficoltà, e la loro partecipazione ha così un senso.

La cosa più importante è che ciascuno viva fino in fondo la propria vita, la propria singola vita, che gli è stata assegnata e a cui lui è stato assegnato una volta per tutte e in modo ineluttabile, e che la diva nel modo più autentico e poi nel modo più bello possibile. Sentire con l'anima, non con l'intelletto, sentire che tutte, tutte le cose dell'esistenza compresi gli uomini sono da porre in relazione tra loro, sono addirittura uguali nella loro essenza, sono capaci di qualsiasi influsso le dune sulle altre e stanno in una certa misteriosa relazione morale tra loro: tutto questo è ciò che io chiamo all'incirca comprendere la vita. Di qui nasce, almeno per me, la comprensione della propria grandezza e della propria pochezza, e l'amore per la vita.

Questa sensazione di poter afferrare sempre soltanto un pezzo della vita e poi venire strappati via di nuovo, dipende da cause che sono molto più profonde di quelle esteriori, sento come se un giorno dovessi riuscire a dire qualcosa di più su questo ma adesso ancora no. La gran parte degli uomini non vivono nella vita, ma in una pura apparenza, in una sorta di algebra dove nulla è e tutto soltanto significa. Io vorrei sentire forte l'essere di tutte le cose, vorrei stare immerso nell'essere, nel vero e profondo significato delle cose. L'intero universo infatti è colmo di significato, è senso divenuto forma. L'altezza delle montagne, la vastità del mare, l'oscurità della notte, il modo in cui guardano i cavalli, il modo in cui sono fatte le nostre mani, il modo in cui profumano i garofani, il modo in cui il terreno si dispiega in colli e vallate, o in dune oppure in scogli severi, il modo in cui appare una regione vista da una montagna, e la sensazione che si prova quando in un giorno molto caldo si cammina sul selciato umido nel fresco androne di una casa, o quando si mangia un gelato: in tutte le innumerevoli cose della vita, in ogni singola cosa e in modo imparagonabile, è espresso qualcosa che non si lascia riprodurre per mezzo delle parole, ma che parla alle nostre anime.

L'intero mondo è allora un discorso fatto alla nostra anima da ciò che è incomprensibile, oppure è un discorso della nostra anima a se stessa. Nel linguaggio della vita ci sono migliaia di tristezze: la tristezza che si prova nel non vedere altro che rocce, mare e cielo; la tristezza di quando, magari sentendo l'odore di fragole fresche, si pensa a certi giorni dell'infanzia; la tristezza negli occhi stanchi di certe persone; la tristezza affatto diversa di quando il sole tramonta in un certo modo; e ancora così tante altre tristezze. Le parole non sono di questo mondo, sono un mondo a sé stante, un mondo del tutto indipendente, come il mondo dei suoni. I discorsi che in genere fanno gli uomini sono però simili a quel che si ottiene quando della vera musica viene riprodotta in modo sbagliato e risuona assieme al rumore delle carrozze e a molto altro rumore di strada. Diventare maturi significa forse solo questo: imparare ad ascoltare dentro sé stessi in modo tale da dimenticare tutto questo frastuono e da riuscire infine più nemmeno a sentirlo.

Perché ti stupisce il fatto di essere sempre diverso nei confronti dei tuoi amici più intimi e anche verso le persone che ti sono indifferenti? Noi abbiamo soltanto un'idea molto vaga di ciò che accade nelle persone. Soltanto più tardi, molto più tardi - lo vedo giungere questo tempo, non si potrebbe chiamare il terzo tempo, dopo la prima immatura giovinezza e dopo il nostro presente - solo allora lentamente impareremo a incontrare davvero le persone. Adesso viviamo così trasognati l'uno accanto all'altro senza toccarci davvero e quel che combiniamo di buono o di cattivo quasi non è da mettere in conto ancora, avendo noi un'idea così vaga di ciò che davvero è importante.

Talvolta però stiamo lì come l'uomo davanti al mare, tutto ciò che è fermo resta dietro di noi, stiamo lì per essere abbandonati, davanti agli occhi nient'altro che l'infinitezza dell'esistenza, qualcosa che non riusciamo a comprendere del tutto.

Vedi di poter diventare amico di un essere umano. Stammi bene.


1 commento:

matilde ha detto...

Le lettere di HvH a Ek sono dense di significato, niente è buttato lì per caso, nel leggere ho provato le stesse sensazioni che provavo mentre vedevo il Cielo sopra Berlino, ogni parola è una pietra da incastrare nel suo contesto, se la perdi hai perso il senso del tutto. Quanti libri sull'amicizia, quante parole, "L'amico ritrovato" " sol per citarne alcuni di più recenti, Le braci", quante parole, ma le parole, come dice HvH sono mezzi inadeguati a descrivere i sentimenti, le sensazioni, le piccole percezioni della vita, sono false, in realtà non comunicano la verità ma l'illussione della verità. Lo diceva tanto tempo fa Gorgia, lo ripete Shopenawer. L'Amicizia è un sentimento forte, più forte dell'amore, puoi strapazzarla, puoi gettarla via, puoi calpestarla, sarà più forte di te, perchè non è illusione è Verità.