Riteniamo utile riportare senza alcun commento la bella postfazione di Gabriella Bemporad.
In pochi paragrafi si delineano intenzioni, qualità e stile di Hugo von Hofmannstahl, nel momento in cui decise di pubblicare questo libro.
“Il libro degli amici contiene serene parole di amore e simpatia
che in certe circostanze vengono offerte a persone amate e stimate,
solitamente al modo persiano con i margini arabescati d'oro.”
Questo libro che pubblichiamo per la prima volta... va inteso come un dono ai lettori.
In una prima forma e in misura ancora ristretta, esso attua un sogno accarezzato per tutta la vita da HvH fin da vent'anni prima.
Se tale è l'ambiente del libro, si intende che in considerazioni fatte in tale urbana conversazione, tra amici di pari grado, l'affermazione, anche la più sicura e meditata, non sia mai dura, recisa, il tono mai autoritario, la propria opinione, di più, la propria verità, mai imposta, la penetrazione profonda, mai tagliente, e che anche quando si indulga al sorriso, si disdegnino i figli spuri dell'aforisma, la frecciata e la caricatura, e neppure vi trovi posto - possibilità aforistica di altri grandi scrittori moderni - ciò che turba o sconvolge senza subito additare una riva.
Anche in questa conciliazione, che non è mai senza rinunce, tra i domini profondi solitari e la compagnia tra gli uomini, tra l'inesprimibile e della comunicazione aperta (ai problemi della comunicazione della parola le sue opere hanno cercato sempre nuove soluzioni), HvH appare il conciliatore garbato ma incorruttibile, l'ambasciatore - e perciò necessariamente mondano - di regni non mondani.
Egli trattò i misteri della comunicazione umana; ripeterà che ogni nuova conoscenza importante determina una scomposizione e una reintegrazione e può persino provocare una palingenesi, dirà - singolare eco di mistiche lontane - che da un incontro tra due individui nasce un essere,un demone.
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